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sabato 8 dicembre 2012

Quello che vuole la tecnologia

More about Quello che vuole la tecnologiaPer rispondere alla domanda “Cosa vuole la tecnologia?” Kevin Kelly ricorre alla teoria dei sistemi adattivi complessi per mostrare quanto la tecnologia sia qualcosa di più che un mero insieme di aggeggi tecnologici. Ma già il fatto di porsi questa domanda significa prendere posizione perché si parte dall’assunto che la tecnologia, appunto, voglia qualcosa?

Innanzitutto, guardare alla tecnologia come a un sistema complesso significa stabilire i confini del fenomeno che stiamo indagando. Kelly definisce l’oggetto della sua indagine “technium”, che è dato non soltanto dagli artefatti tecnologici prodotti dall’uomo durante la sua evoluzione ma è piuttosto il risultato di quanto prodotto dalla civiltà umana dal momento in cui il primo ominide si è alzato in posizione eretta.

Da quel momento il technium ha iniziato a evolvere parallelamente all’aumento delle capacità cognitive dell’uomo. Per alcuni millenni l’evoluzione del technium è proceduta molto lentamente: le invenzioni/scoperte più significative che hanno accompagnato la crescita dell’umanità sono state, in ordine sparso, i primi manufatti di selce, il fuoco, la lavorazione del legno, l’agricoltura, la vita in comunità sedentarie, i primi villaggi. Ovviamente il linguaggio è ciò che ha rappresentato il salto in avanti più grande, così come millenni dopo la scrittura.

Questo approccio non risulta certo nuovo a chi abbia un po’ di dimestichezza con l’antropologia, con la sociologia e, per rimanere ai media e alla tecnologia, col pensiero mcluhaniano.
Ciò che ho trovato particolarmente interessante è il parallelismo che Kelly sviluppa fra evoluzione biologica e evoluzione tecnologica. Mettendo da parte l’idea tradizionale di evoluzione che, a partire dal Big Bang, è guidata soltanto dal caos Kelly fa invece riferimento a quella corrente di pensiero che vede una intenzionalità nel processo evolutivo. Questa intenzionalità significa, semplificando, che il più piccolo organismo unicellulare concepibile a un certo punto ha desiderato riprodursi; alla riproduzione segue una sempre maggiore complessità biologica (da una a due cellule, e così via), fino ad arrivare a noi.

Traslando questo discorso verso la tecnologia, il technium (di cui noi stessi facciamo parte se lo vediamo come un sistema complesso) è evoluto nel corso dei millenni con uno scopo preciso: espandersi, crescere, divenire sempre più complesso. Questa evoluzione all’inizio è stata lenta ma al crescere della complessità è diventata sempre più veloce fino ad arrivare agli ultimi secoli, durante i quali si è registrata un’impennata esponenziale della quantità di innovazioni introdotte nel technium.
Ogni tecnologia (in senso lato: il sistema giuridico è una tecnologia, il metodo scientifico è una tecnologia, e delle più importanti) ha consentito un avanzamento molto più veloce e ha posto le basi per far sì che altre tecnologie potessero svilupparsi perché un nuovo utensile, una nuova metodologia di lavorazione, un nuovo macchinario creano un contesto fertile per ulteriori innovazioni.

L’affermazione più forte di Kelly è che certe tecnologie volevano emergere e sarebbero emerse comunque in un dato momento storico proprio perché il risultato di determinato contesto culturale, sociale, produttivo. Alcune tecnologie erano inevitabili.
Molto interessanti sono gli esempi che l’autore porta per quanto riguarda invenzioni o scoperte che emerse contemporaneamente in luoghi diversi a opera di persone differenti che non lavoravano insieme (ad esempio il telefono o la lampadina) o di quelle che invece sono comparse, scomparse e ricomparse più volte finché non sono diventate sufficientemente mature per trovare la loro giusta collocazione (come esempio recente penso ai tablet che sono comparsi più volte negli ultimi 20-30 anni ma si sono radicati solo recentemente grazie alla maturità tecnologica che hanno raggiunto e, soprattutto, al ventaglio di usi che la Rete consente oggi e che ancora non permetteva soltanto 15 anni fa).

Il libro di Kelly è molto ricco di suggestioni, accompagnate da dati ed esempi, alcune magari non proprio condivisibili se non viste all’interno di questo panorama (come l’idea che la tecnologia così intesa sia dotata di libero arbitrio). Forse pecca un po’ di determinismo ma è sicuramente una lettura stimolante, soprattutto nelle prime parti perché poi negli ultimi capitoli si perde un po’. Kelly ha comunque il merito di non voler fare il profeta dell’evoluzione tecnologica a tutti i costi; egli stesso spiega che alcune tecnologie non le usa e che per certi aspetti preferisce uno stile di vita più semplice.
L’adozione o meno di una tecnologia è comunque sempre una scelta; in differenti gruppi sociali, per ragioni storiche, ambientali e quant’altro, possono essere presenti certe tecnologie e non altre, possono affermarsene alcune senza che si siano prima diffuse quelle precedenti (ad esempio in molte zone africane è per presente il cellulare mentre è molto meno facile trovare linee telefoniche fisse).

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